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  • Pubblicata in data 07/09/2004 Auto, in ritardo le banche dati

    MILANO * Controlli incrociati contro le frodi Iva. Nei programmi antievasione dell'agenzia delle Entrate è previsto l'uso di «elementi informativi da banche dati esterne». E il primo archivio citato come esempio è quello del Dtt (la ex Motorizzazione). Scelta non casuale, visto che il settore dell'auto è ritenuto dall'Agenzia il più a rischio, a causa di ingenti importazioni parallele, talvolta anche fittizie (si veda «Il Sole-24 Ore» del 20 agosto). Ma non è detto che basti: occorre superare anni di scarsa collaborazione tra amministrazioni dello Stato. Inoltre, le frodi sui veicoli sono favorite dalle norme Ue. La proposta. Si dovrebbe tracciare tutto il percorso commerciale di un veicolo, dall'uscita di fabbrica fino al cliente finale. Comprendendo quei passaggi intermedi tra i quali si celano le «truffe carosello»: compravendite tra società architettate in modo tale che il debito Iva rimanga in capo a un'impresa che poi svanisce nel nulla prima di pagarlo. In sostanza, verrebbe costituita una nuova banca dati in cui affluirebbero tutte le fatture relative a questi scambi e tutti i documenti prodotti dagli interessati per ottenere l'immatricolazione in Italia. A quel punto, sarebbe possibile individuare rapidamente i giri seguiti da chi effettua le frodi e scoprire per tempo le anomalie. I problemi interni. Ma non sarà facile acquisire tutte le informazioni necessarie. Innanzitutto perché il Dtt ha sempre rifiutato di svolgere mansioni di controllo ai fini fiscali: le ristrettezze di personale hanno spinto i responsabili a declinare qualsiasi richiesta di collaborazione da parte del Fisco. È accaduto, per esempio, nel caso delle immatricolazioni di comodo che rendono alcune autovetture classificate come autocarri, per fruire di deducibilità e detraibilità agevolate. Ma anche l'Amministrazione finanziaria ha avuto le sue inerzie: i documenti che comprovano l'assoluzione degli obblighi Iva sui veicoli d'importazione parallela spesso restano negli archivi degli uffici provinciali delle Entrate, dove vengono inviati proprio dal Dtt (che li raccoglie, perché sono obbligatori per ottenere l'immatricolazione). Sinora si è rimediato con la collaborazione tra singoli funzionari di buona volontà: quelli del Dtt che s'insospettivano su alcuni giri di veicoli e avvertivano colleghi delle Entrate di cui avevano fiducia. Solo negli ultimi anni ispettori fiscali hanno effettuato veri e propri monitoraggi sulla base delle segnalazioni (è avvenuto, per esempio, a Roma). Ora questi controlli andrebbero istituzionalizzati. Ma la repressione potrebbe avere conseguenze negative: «I clienti stanno diventando sospettosi, comprano meno auto d'importazione parallela», lamenta Oswald Widmann, l'importatore bolzanino che per primo aveva denunciato le frodi. I problemi esterni. Per ridare fiducia agli acquirenti, l'Eaivt (un'associazione continentale di importatori) propone di modificare a livello europeo il regime Iva sui veicoli, allineandolo a quello di molti altri beni: pagamento non più nello Stato di destinazione, ma in quello di origine. Ciò elimina alcuni meccanismi normativi usati dai responsabili delle frodi. Lunedì prossimo l'Eaivt incontrerà funzionari Ue a Bruxelles. Infine, i controlli incrociati dovrebbero passare anche per i modelli Intrastat, che però sono diversi tra i vari Paesi Ue. Occorrerebbe quindi armonizzarli per usarli al meglio.

    Maurizio Caprino


    Estratto da: Apri in una nuova finestra il sito della fonte: Il Sole 24 Ore
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